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09 December 2011

Ermafrodito e i 60 Marmi Borghese dal Louvre in mostra a Roma - di Enrico Mercatali


Ermafrodito torna a Roma

con gli altri 60 marmi dei Borghese
trasferiti da Napoleone al Louvre


di  Enrico Mercatali




Ermafrodito dormiente, particolare Prima metà del II secolo d.C. circa, restaurato dal giovanissimo Gian Lorenzo Bernini (che ne fece anche il supporto in forma di materasso) e David Larique marmo lunense, mito della divinità dai due sessi, è simbolo dell'unione


Ermafrodito,  le Tre Grazie, Il Centauro cavalcato da Amore, la Venere Marina, per non citarne che quattro, sono tra le più famose sculture dell'antichità classica, tutte eseguite tra il I e il II secolo d.C., appartenenti alla cospicua collezione accumulata dal Cardinale Scipione Borghese nel Seicento, e sistemate secondo criteri museali moderni dal suo successore Marcantonio Borghese in sale eccezionalmente ristrutturate nel 1700 entro le mura della sontuosa villa Borghese, gioiello di famiglia alle soglie di Roma secentesca. Ai primi dell''800 molti di essi presero la strada del Louvre dopo che il Principe Camillo Borghese, marito di Paolina Bonaparte, le cedette per pochi soldi al cognato Napoleone che ne faceva una pressante richiesta per ingrandire e abbellire il Louvre, specialmente con grandi opere del periodo classico antico, al quale le mode del momento guardavano con estremo interesse.




Fu definito "vergognoso" dallo stesso Canova questo atto di indegna compravendita, che fece perdere al nostro paese questo ingente tesoro, che egli andava scrupolosamente studiando e copiando, rimodellando, attorno a quei canoni classici, il panorama artistico d'inizio secolo.

Possiamo oggi rivederlo quasi per intero nella grande mostra "I Borghese e l'antico" visitabile fino al 9 aprile 2012 alla galleria Borghese in Roma, il cui principale corpo è costituito proprio da questo eccezionale rientro nel nostro paese, proveniente dal Louvre, dei cosiddetti "Marmi Borghese", più di 60 statue che rappresentano il gusto per il classico antico, in grande ripresa alla fine del seicento romano, e particolarmente per "il gusto della bellezza e del diletto che ne promana, un edonismo reaganiano ante litteram contrapposto ad una specie di pragmatismo kennediano dei Farnese", come sostiene Claudio Strinati su un articolo scritto per il quotidiano la Repubblica.




Gli oltre 60 marmi oggi a Roma, ricondotti nella stessa sede ove furono un tempo dopo il "trafugamento napoleonico che rimpinguò gli splendori del Louvre" viene forse vissuto, anche se temporaneo, come una sorta di risarcimento d'una ingiustizia, perchè essi sono stati frutto di una sistematica raccolta finalizzata a dare lustro ad una famiglia di patrizi e cardinali che di essa fecero il fulcro dei propri simboli di splendore e potenza nella Roma papalina tra il XVII e il XVIII secolo. Attraverso la raccolta delle più raffinate opere di scultura appartenenti alle migliori scuole dell'antichità, nel quale le tecniche scultoree ed il gusto per il bello idealizzato, ma anche fortemente vero e ricco di realistico dettaglio, entro le sontuose sale di Villa Borghese, Scipione Borghese  e i suoi successori diedero un forte impulso alla rinascita del gusto classico, della sua iconografia, dei suoi temi mitologici, dei suoi stilemi un poco alla volta declinati nelle forme d'un nuovo neoclassicismo, che proprio l'imperatore francese fece suo declinandone in senso ideologico un nuovo stile, desumendone le regole dall'antico.



Le tre Grazie, particolare



Nello stile che contrassegna questo momento felicissimo di sintesi della produzione antica, nella raccolta Borghese, emerge un' Ermafrodito che costituisce il pezzo forse oggi più attraente, per la morbida ambigua bellezza del suo corpo non totalmente disvelato, che doveva essere considerato già all'epoca della sua collocazione nella gigantesca raccolta romana, forse simbolico della pruriginosa e sensuale aura che tutt'attorno a tali figure poteva respirarsi, nello stesso interesse d'un collezionismo che privilegiava nudità tanto ostentate, di sublime terrena bellezza oltrechè di generosi e dettagliati particolari anatomici portatore. 



Ermafrodito dormiente, particolare della testa




Centauro cavalcato da Amore, Replica del II secolo d. C di un originale del II secolo a. C marmo – h. 147 cm Paris, Musée du Louvre, Département des Antiquités grecques, étrusques et romaines



Non fu un caso infatti che proprio questa figura d'ermafrodito ebbe ad essere restaurata niente meno che dal giovanissimo Gian Lorenzo Bernini, prima, incaricato di completane il giaciglio con il materasso di marmo, mancante quando la statua fu rinvenuta nel monastero di Santa vittoria nel 1617, e poi da Vincenzo Pacetti nel '700, che ne fece ai lati due sfingi alate che sembrano sorreggerlo.




Oggi è proprio questo mito della divinità dai due sessi che maggiormente ci colpisce, e ci attrae.
Umberto Galimberti, al quale è stato chiesto di spiegarcene le motivazioni, ce ne articola il senso adottando il metro delle teorie psicanalitiche, in un articolo apparso sul quotidiano la Repubblica  per documentare l'apertura dell'eccezionale evento museografico. Di tale intervista ne riportiamo i principali passaggi che ci sono sembrati interessanti, più che sotto il profilo artistico, per il quale la statua parla da sola, per dare un senso odierno e attuale al nostro interesse per questo mito che si è tramandato dall'antichità ad oggi e che ha avuto un enorme peso nel periodo in cui apparve copiosa la sua effige nella produzione del tempo.




 Sileno e Bacco Bambino, I‐II sec. d.C da un originale realizzato da Lisippo nel IV sec. a.C marmo – h. 190 cm



"Nessuno di noi - sostiene Galimberti - è relegato a un sesso. Maschile e femminile ci abitano, contrassegnando l'uno la nostra dimensione cosciente, l'altro la nostra dimensione inconscia. Questa ambivalenza sessuale è decisiva a livello psichico, E il rimuoverla, perchè non c'è cultura e civiltà che non lo richiedano per un loro bisogno di ordine, è un grave danno psichico. Per questo la figura dell'ermafrodita merita la nostra attenzione. La scultura che torna a Roma dal Louvre - continua Galimberti - è l'immagine di un simbolo potente che abita il nostro immaginario.






Ne parla la mitologia di tutti i popoli antichi, tra cui quella greca, la più vicina a noi, a proposito di Hermes (Mercurio) dalla "duplice natura", ne parla Platone nel Simposio col mito dell'androgino, da cui nacquero maschio e femmina dopo il taglio inferto al suo corpo per volere di Zeus, na parla la Gnosi che così spiega la partenogenesi dei Gesù, generato dal maschile e femminile di Maria, ne parla Clemente Alessandrino, maestro di Origene, che allude all'androginia di Cristo, e più recentemente la mistica cattolica con Georg Koepgen, la cui opera, La gnosi del cristianesimo (1939) ebbe prima l'imprimatur, e poi fi messa all'indice, ne parla infine a più riprese l'alchimia con i simboli della coniunctio oppositorum e da ultimo Jung che vede nell'ermafrodita un archetipo decisivo nella dinamica psichica di ciascuno di noi.




Venere marina 160 d.C. circa Marmo – h. 180 cm



Se tanta storia, mitologia, religione, arte, psicologia si sono intrattenute su questa figura, possiamo, sulla traccia di Jung, riflettere se l'ermafrodita non sia il simbolo del nostro inconscio dove tutto è indifferenziato e da cui l'umanità si è emancipata attraverso le differenze instaurate dalla ragione, che distingue il maschile dal femminile, il giorno dalla notte, la causa dall'effetto, e in generale una cosa dall'altra."




Continua Umberto Galimberti, nel dare spiegazione all'attuale bisogno di conoscenza circa la figura mitica di ermafrodito: "Di questo indifferenziato abbiamo esperienza nei sogni dove l'assenza di coscienza con-fonde tutte le cose per cui io sono ad un tempo maschio e femmina, adulto e bambino, dove naufraga la sucessione temporale, la sequenza spaziale, dove non vige il principio di non contraddizione e tanto meno il principio di causalità. Di questa con-fusione dei codici, l'ermafrodita è il simbolo, nell'accezione greca di syn-ballein, che significa mettere assieme".



Vaso "Borghese", con scene dionisiache, Scuola neo‐attica della fine del I sec. a.C Marmo pentelico



"Tutto ciò che è inconscio si proietta, per cui la parte femminile dell'uomo si riflette nella donna che si sceglie perchè lo0 rispecchia, così come la parte maschile della donna si riflette nell'uomo che la ritrae. Scissa dalle proprie radici inconscie, la coscienza si inaridisce, diventa unilaterale, diventa diabolica, dal greco dia-ballein, che significa divisione,, separazione, massima distanza da sè. E questo perchè la nostra totalità psichica ospita la coscienza come un cerchio minore in un cerchio maggiore, dice Jung, e trascurare tutto ciò che coscenza non è non consente alcuna creazione artistica, poetica e neppure religiosa.



Ritratto di Lucio Vero Testa del 180 d.C. circa, montata su un busto moderno di Carlo Albacini marmo



Fuoriuscendo dall'inconscio - conclude Galimberti - per costruire la nostra identità di genere, e all'inconscio ritornando per prender contatto con la nostra controparte sessuale, diventiamo uomini e donne interi, come dice Platone, e come in qualche modo allude anche San Paolo, quando dice che erano due in una sola carne.






Il pensiero antico era profondo. Viene da chiedersi sa tanta infelicità dell'uomo d'oggi non dipenda da un eccesso di razionalità conscia che più non ha rapporti con il proprio inconscio, se tanta violenza maschile non dipenda dall'aver rimosso la propria dimensione femminile, e se tanta acquiescenza femminile non sia dovuta alla rimozione del proprio maschile. Se questo è vero, l'ermafrodita è un simbolo che chiede la nostra riflessione."




Una delle sale ove sono esposti i marmi classici della raccolta Borghese. La Villa, interna all'omonimo parco, presso il centro storico della Roma barocca, è uno dei più bei musei del mondo, recentemente restaurato, e riportato al suo antico splendore.



Momenti tanto alti e affascinanti, come quello che questa mostra propone in ogni sua opera, e particolarmente in questa bellissima figura di giovane ermafrodito dal corpo più che perfetto,  raramente accade che l'arte scultorea sappia offrire. Una occasione per riconsiderare l'apporto che l'arte classica, greca e romana, nel corso dei secoli che dalla fine del barocco apre la strada alla produzione dell'arte dell'illuminismo e della ragione, seppe dare alle forme della modernità. Fu proprio il Canova che ne declinò le limpide e nuove regole estetiche, del mondo che sotto i suoi stessi occhi stava profondamente avviando la sua grande rivoluzione, che ne ribaltò alla radice i suoi assi portanti, spalancandoli così a nuovi e totalmente diversi orizzonti.




Enrico Mercatali
Lesa, 9 dicembre 2011

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