THE MAGAZINE OF THOUGHTS, DREAMS, IMAGES THAT PASS THROUGH EVERY ART OF DOING, SEEING, DISCOVERING

27 December 2012

"Dalla metafora alla metmorfosi" nei frammenti visivi moltiplicati della città contemporanea. Milano caleidoscopica, nelle fotografie di Andrea Rovatti (di Enrico Mercatali)





Così come la New York di Berenice Abbott
così caleidoscopica è oggi la Milano di Andrea Rovatti





"Dalla Metafora alla Metamorfosi"
nei frammenti visivi moltiplicati
della città contemporanea


"Supponi di unire mille negativi e di farne un montaggio gigantesco, una immagine sfaccettata che combina: eleganza squallore, curiosità, monumenti, facce tristi, facce trionfanti, potenza, ironia, forza, decadimento, passato, presente, futuro di una città, questa sarebbe la mia immagine preferita" (Berenice Abbot)

Così è la dedica dell'autore delle foto oggi esposte al Centro di Documentazione dei Milano, Andrea Rovatti, a colei che, nel lontano 1935 fu assunta dalla Federal Art Project per realizzare il progetto fotografico "Changing New York", quale sintesi panoramica sulle impressioni urbane, le espressioni sociali, storiche ed architettoniche, come sintesi tematica di un processo vitale ed evolutivo. A questa immaginifica storia si è ispirato oggi, mutatis mutandis, l'autore delle foto che la Fondazione Forma propone nella vetrina più centrale e visitata del Comune di Milano.



Qui sopra, di Andrea Rovatti, composizioni di frammenti urbani della città di Milano, nella mostra milanese, organizzata da Fondazione Forma presso il Civic Center della città in Galleria Vittorio Emanuele

La mostra, incentrata sulla semplice ripetizione per 9 volte del medesimo fotogramma, in ogni immagine di frammenti architettonici della città non casualmente selezionati, propone il delinearsi d'una metafora del cambiamento e dell'evoluzione, intrinseca al ritmico sequenziarsi, nel racconto grafico ed al contempo simbolico, d'ogni dettaglio urbano raccolto dall'autore.



... ma anche un gioco. E forse perfino un'ossessione: una pietanza troppo saporita che, alla lunga, non permette di gustare più il genuino sapore della materia prima, servita al naturale, fresca e di giornata. La più complessa visione della Abbot, sconfinante in utopia, è altra cosa...


Milano, dicembre 2012
Enrico Mercatali

26 December 2012

I non credenti si uniranno a cristiani, musulmeni ed ebrei in comune meditazione, nel primo luogo multireligioso del mondo, progettato a Berlino (di Enrico Mercatali)



Un nuovo luogo di preghiera a Berlino
riunirà non credenti a cristiani, 
musulmani ed ebrei




Sopra e sotto al titolo i renderings dell'edificio di culto interreligioso a Berlino, proposto da Kuehn-Malvezzi Architekten, dimostrano quanto gli autori, e la giuria del concorso che ne ha selezionato il nome, abbiano privilegiato l'essenza piuttosto che l'evidenza, la sintesi al posto della collazione, la sobrietà di linguaggio invece della sua precisa significanza, nello sviluppo di un tema così difficile



L'architetto milanese Simona Malvezzi e gli architetti tedeschi Wilfried e Johannes Kuehn hanno vinto il concorso per la realizzazione a Berlino, presso Alexander Platz, di un edificio multifunzionale che assomma in sè l'essere Chiesa, Moschea e Sinagoga, nonchè luogo di meditazione collettiva anche per i non credenti. Il gruppo di giovani progettisti (distintosi anche quest'anno a Venezia tra gli invitati a Common Ground per una istallazione davanti all'ingresso del Padiglione Italia) non si è preoccupato di inventare una nuova tipologia architettonica bensìdi ambientare in una comune cornice le tre diverse fedi monoteiste entro un unico contesto che fosse capace non tanto di far immedesimare ciascuno nella propria specifica fede, ma di unire ciascuna di esse all'idea ecumenica di una unitaria speranza di fede, collettiva e partecipata.




La cattedrale del XVII secolo di San Pietro a Berlino, che sorgeva nel luogo ove ora sorgerà il nuovo tempio multireligioso, è stata distrutta durante la seconda guerra mondiale e demolita definitivamente da Ulbricht nel 1964.





Sopra: Pianta e plastici del progetto Kuehn-Malvezzi, vincitore della gara berlinese per la realizzazione di un edificio di culto che fosse assieme chiesa, moschea, sinagoga e luogo di meditazione collettiva anche per atei ed agnostici. Berlino è la città mondiale con il maggior numero di cittadini non credenti. Essa è inoltre una città multiculturale, forse più d'ogni altra, in cui convivono 11.000 ebrei, musulmani che oggi utilizzano più di 80 moschee e cristiani. Questi ultimi sono per la maggior parte protestanti (21,5% della popolazione) e cattolici (9%)




Sopra: disegni di progetto della nuova struttura: un prospetto ed una sezione, che dimostrano la volontà di far crescere in altezza le proporzioni dell'edificio (fino a 44 metri), onde attribuirgli la necessaria importanza, sia nel confronto con l'edificato circostante, sia per determinare all'interno il voluto effetto ascensionale, caro a tutte le fedi monoteiste a cui esso è dedicato


Il nuovo tempio è nato dall'esigenza di recuperare il sito archeologico d'una chiesa preesistente del periodo rinascimentale, distrutta durante la guerra, le cui fondamenta sono state occultate da una gettata di cemento voluta dal regime di Ulbricht, e riportate alla luce dopo la caduta del Muro. In esso sono stati previsti luoghi di raduno anche per coloro che, non credendo in quanto atei od agnostici, neppure disdegnassero l'idea di partecipare ad una preghiera laica comune, intitolata alla fratellanza e alla pace, ovvero a quella maggioranza di cittadini che, pur non praticando alcun culto specifico, sentano l'esigenza di raccogliersi in un luogo idoneo alla meditazione e alla preghiera laica.



Gli autori del progetto (qui nella foto), in fase di realizzazione a Berlino, hanno ottenuto su richiesta di partecipare al concorso ad inviti per la progettazione del tempio, del quale sono stati i vincitori. Al concorso invece sono stati invitati ed hanno partecipato, tra gli altri, anche Mario Botta e Francesco Venezia. Il progetto vincente convince proprio per la sua misura, e per non aderire ad alcuna specifica corrente architettonica in voga. Nonostante ciò esso appare potente nella sua forma, così come nel messaggio che lancia.


Enrico Mercatali
Lesa, dicembre 2012

18 December 2012

"L'architettura del mondo - Infrastrutture, mobilità, nuovi paesaggi"




L'ARCHITETTURA  DEL  MONDO



Ingresso alla mostra "L'architettura del mondo" alla Triennale di Milano (fino a febbraio 2013)


Progetti e grandi realizzazioni 
cambiano il pianeta.


Piccoli e grandi segni di cambiamenti epocali 
creano nuovi paesaggi


Oggi è il ritmo dei cambiamenti che stupisce, rispetto a quelli ai quali eravamo abituati anche solo trenta, quaranta anni fa. E così, dicono gli storici, fu più veloce il Novecento dell'Ottocento, e quest'ultimo rispetto al Settecento. Si avviò proprio nel "Secolo dei Lumi" la Gran Corsa, rispetto ai secoli precedenti, nei quali regole assai "certe" sapevano reggere il peso d'una continuità pressochè inalterata nel tempo. Ebbene oggi, in questi ultimi pochi decenni il mutamento è tale che non riusciamo più, neppure come singole persone, ad evitare di stupirci ogni qual volta ritorniamo in un luogo conosciuto, che già lo vediamo cambiato. I cambiamenti sono ad ogni livello e grado: grandi strutture e infrastrutture cambiano il volto del mondo, facendo nascere nuovi paesaggi. ma anche il dettaglio cresce e sviluppa novità e cambia il significato delle cose. Un esempio di tal genere lo vediamo nella foto sotto al titolo ove un semplice pilone dell'alta tensione cambia forma, diventando "Sostegno Germoglio" nel disegno di Giorgio Rosental e di Hugh Dutton, mentre sopra al titolo ci rendiamo conto, all'opposto, di quale e quanto impatto sia possibile oggi nel paesaggio determinare tramite un ponte, ma anche quanto questo impatto sappia farsi "pura arte", e non più solo ingombro o bruttura, nei progetti di Norman Foster per il viadotto di Millau in Francia. Cambiano i paesaggi, ma ora non più necessariamente in peggio, se e quando la progettazione diventa mezzo di virtuose interpretazioni non solo dei bisogni, ma anche dei caratteri di un luogo, e di più leggeri e consoni modi di viverli. Qui sopra due immagini (interno e veduta zenitale esterna) della Stazione passante Berlin-LertherBahnhof del 2006, di GMP Architekten von Gerkan, Marg und Partners.


L'oggetto della grande e ben documentata mostra milanese alla Triennale, organizzata dalle associazioni nazionali dei costruttori edili in collaborazione con il Comune di Milano e con numerose istituzioni tecniche e scientifiche nazionali ed internazionali, è un escursus davvero ampio sulle modificazioni fisiche, ma soprattutto ideali e programmatiche che si sono verificate a partire dall'Europa e dall'America ai primi del '900 ad opera di pensatori, amministratori, architetti e costruttori che hanno saputo anticipare quanta e quale rivoluzionaria trasformazione la portata gigantesca che i nuovi modi di produzione, assieme alla creazione di nuove tecnologie, avrebbero potuto determinare di li a poco tempo.



Qui sopra alcuni degli esempi, che sono stati riportati nella mostra, di quanto agli albori del XX secolo, e durante tutta la prima metà di esso, l'attività di ingegneri e architetti abbia teso ad dare forma nuova e simbolica ai grandi interventi pubblici in campo urbano, specialmente quando trattavasi di infrastrutture ferroviarie e metropolitane, e relative stazioni, dotate queste ultime di iconoca riconoscibilità ed estensività territoriale: una architettura del mondo perciò, che partendo dalla grande città assurge alla scala territoriale attraverso una particolare evidenza sancita dalla forma e dalla speciale qualità che questa assume nell'adempiere a questo compito. Dall'alto: Vienna, la Stazione di Karl Plaz di fine ottocento, di Otto Wagner; Parigi, ingresso del Metro, 1898-1904, di Hector Guimard; Valle Ossola (Italia), disegno per la centrale idroelettrica di Crevola d'Ossola, 1923-25, di Piero Portaluppi; il triplo ponte di Lubiana, 1900-01, di Joseph Plecnik; disegni e progetti per Plan Obus-Algeri, 1930-31 di Le Corbusier; stazione d'aeroplani e treni ferroviari, 1914, di A. Sant'Elia; the Living City, 1958, di F. L. Wright.

La mostra, curata da Alberto Ferlenga, ha inteso mostrare al pubblico la rapida evoluzione avutasi nel mondo, a partire proprio da pochi e ben precisi segni di lungimiranza messi in atto da pochi a cavallo tra il XIX e il XX secolo, tra questi e le epocali opere che hanno davvero operato i più grandi cambiamenti nel modo di vedere e di pensare l'ambiente, ma anche nel vivere gli spazi geografici più ampi delle nostre terre e dei nostri paesaggi.



L'ingegneria e l'architettura delle grandi trasformazioni urbane e territoriali,  oltre a diventare, nel corso del XX secolo, sempre più grandi, tendono anche a qualificarsi e a personalizzarsi, così che, prendendo una loro forma peculiare, possano così rendersi più accettabili perchè riconoscibili. Questo loro processo di identificazione nulla toglie, ovviamente, all'impatto visivo, che diventa veicolo stesso di ampia trasformazione quantitativa e qualitativa di quella scena che chiamiamo paesaggio, nella quale la vita dell'uomo si lega indissolubilmente, per darsi un senso e per sentirsi collettivamente partecipe. Gli esempi che, nella mostra, vengono in tal senso riportati vanno, qui sopra dall'alto, dalla londinese Battersea Powert Station, del 1929-34, di Gilles Gilbert Scott; alla Teleferica di Medellin, presso Bogotà (Colombia); dalle stazioni della Metropolitana di Mosca di Viktor A. Vesnin degli anni '30, ai progetti di Rino Tami per l'autostrada ticinese Chiasso-San Gottardo, dal '63 all''83. Sono esempi molto diversi e distanti tra loro, ma rappresentano il tentativo, in ognuno di essi presente, di dare forza di persuasione all'opera in quanto tale mediante interventi formali, presi dalla contemporaneità oppure dagli stili della storia, tesi a convincere della bontà del mezzo, all'utilità della funzione. In Battersea Station e nelle stazioni della Metropolitana di Mosca sono forme classiche, stilemi del passato, a dare significato collettivo all'opera pubblica. Negli altri due esempi sono le tecnologie o le forti geometrie della semplificazione semantica a convincere il fruitore. Sono sempre i paesaggi puliti e facili da decriptare ad avere la meglio sul caos: questo il messaggio della qualità del moderno, a questo approdano sia il messaggio storicista che quello della contemporaneità.



Assai più disorganici ed episodici, come fece notare Bruno Zevi in un articolo apparso nel 1961 sull'Espresso, confrontandoli con quelli dell'autostrada ticinese di Rino Tami, gli interventi dell'Autostrada del Sole, che comunque costituirono un momento di enorme trasformazione territoriale in Italia a partire dal 1960. L'intervento cambiò completamente il nostro Paese, sia a livello fisico che nella percezione complessiva degli italiani, e lo rese più unito e praticabile. Inopltre segnò l'avvio di una vera e propria turisticizzazione di massa dei suoi territori. Numerosi furono i punti cruciali el suo territorio orograficamente assai complesso, ricco di montagne e vallate. Enormi furono i lavori che comportarono alcuni viadotti, e prestigiose le firme degli strutturisti che vi lavorarono. Fu quella la scuola dell'ingegneria italiana, divenuta famosa nel mondo di quegli anni: Riccardo Morandi, Pierluigi Nervi, Silvano Zorzi, Aldo Favini, Angelo Mangiarotti, Sergio Musmeci sono i nomi dei progettisti italiani più conosciuti, che hanno operato anche in altri paesi europei ed extraeuropei. Se l'"Autosole"non è stata solo una infrastruttura, ma opera capace di dare proiezione al futuro a un'intera economia d'un paese, essa è anche stata, come anche altri interventi autostradali in Italia, a volte, ed in non pochi casi, anche un vero e proprio "mostro divoratore di paesaggio". La scarsa attenzione che in taluni tratti di essi si è verificata, in incontaminate vallate appenninico, o in ambiti urbani già densamente abitati, ha stravolto l'ambiente in modo irrimediabile, causando diseconomie e notevole spreco di riserse.



Una infrastuttura di recente realizzazione ad Albisola, in Liguria: una vecchia galleria ferroviaria ad un solo binario, da tempo in disuso,  è stata trasformata in una moderna pista ciclabile e pedonabile


Nello scorcio dell'ottocento appena indistrializzatosi progettisti geniali hanno tracciato i primi segni fondamentali di quel cambiamento che sarebbe divenuto tumultuoso nella sua seconda metà del XX secolo e travolgente a partire dal nuovo secondo millennio. L'intuizione fu quella d'aver segnato consolidati tessuti urbani con edifici o infrastrutture capaci di far intuire cambiamenti di scala, o già di sperimentare, di questi, gli effetti. Nella mostra disegni e plastici riconducono ai primordi di questa attività facendo intuire quanto questi primi approcci alla grande scala facessero presagire il vero grande fisico cambiamento che è oggi sotto gli occhi di tutti, specialmente al centro delle aree metropolitane più grandi e dense del mondo, ma anche talvolta sul territorio, quando investito dalle grandi trasformazioni dovute all'infrastrutturazione, ai grandi eventi necessitati dalla ricerca di nuove fonti energetiche, alle opere che regolano i grandi fenomeni geo e meteo-dinamici.



Esempi di progettazione alla scala territoriale, riportati nella mostra di Triennale, che, traendo spunto da un singolo intervento di totale riconsiderazione d'un impianto urbano (come nel caso del progetto di Kenzo Tange per la baia di Tokyo, o nel recupero della newyorchese High Line - ex linea ferroviaria dismessa, in un nuovo parco lineare urbano del 2009-11), oppure anche da un solo edificio dall'alto valore simbolico e fortemente impattante nellp skyline o nella fisionomia della città o del territorio (come nel caso di Linked Hybrid di Steven Holl a Belijung in Cina -2009, o nel Millennium Dome di Richard Rogers a Londra del 2000, o nel progetto per la stazione TAV ad Afragola-Napoli di Zaha Hadid, o nell'Università della Calabria di Vittorio Gregotti del 1973, o nella centrali ENEL di Porto Corsini presso Ravenna e di Priolo Gargallo presso Siracusa,  di Michele De Lucchi).


L'Italia può mettere in luce, quale proprio apporto all'evoluzione mondiale della infrastrutturazione del pianeta quanto ha realizzato sul proprio territorio specialmente a partire dagli anni '60, con la realizzazione, tra i primi stati del mondo,  del sistema autostradale che ha avvicinato il Mediterraneo alla Mitteleuropa, col suo complesso sistema di viadotti e gallerie, alcuni di questi tra i più arditi al mondo, realizzati da ingegneri che si sono distinti anche all'estero per la loro creatività ed altissima professionalità. Al sistema autostradale è stato affiancato, in epoca più recente, un sistema ferroviario per l'alta velocità tuttora in fase di realizzazione. Nel corso di tale processo di marcata integrazione territoriale si sono prodotte opere importanti, ma si sono anche operate scelte a volte anche assai deleterie quanto ad inserimento ambientale e ad impatto urbano, i cui errori sono ora difficilmente rimediabili. 


Impianto di produzione di energia elettrica con pannelli solari in Spagna


Nel complesso di tali interventi il territorio italiano è stato punteggiato anche da opere di importante significato simbolico il cui peso architettonico, sia civile che industriale, ha saputo dare pregio ai luoghi senza nulla togliere alla bellezza preesistente del paesaggio. Una sensibilità particolare in tal senso è oggetto di interesse da parte della mostra "Architettura del Mondo, Infrastrutture, Mobilità e Nuovi Paesaggi. Vi vengono riportati centinaia di esempi in tutto il mondo che la breve dimensione di questo scritto rende impossibile ricordare. Tale sensibilità, specie dimostrata dalle più giovani generazioni di architetti, è oggi riscontrabile in opere anche di modeste dimensioni, quali ponti ciclo-pedonali, pensiline alle fermate di tram e autobus, passeggiate recuperate ai vecchi tracciati ferroviari, scale-mobili all'interno di centri storici, torri-osservatorio, punti di osservazione, teleferiche e cabinovie, stazioni della metropolitana, centrali idroelettriche, sottostazioni elettriche, ecc. Alcuni di tali esempi abbiamo riportato in foto in questo testo, ma poche ancora sembrano le realizzazioni sul territorio italiano che siano capaci di imporsi per forza simbolica e capacità di segno, come invece avviene ormai ovunque in tanti esempi stranieri.



Alcuni esempi di una progettazione su ampia scala pianificata, di strutture dalle dimensioni epocali che hanno segnato la storia dei Paesi che ne hanno intrapreso i lavori, sono costituiti, per quanto riguarda l'Italia, ad esempio dal Progetto Mose (dighe mobili) per Venezia, che da lunghi anni opera nel tentativo di preservare la laguna dalle acque alte, o dai tentativi intrapresi in Africa e Asia per arrestare l'avanzata dei deserti, o il Prairie States Forestry Project, quale sistema frangivento attraverso gli Stati Uniti d'America lungo 3.200 chilometri, che è stato varato da Raphaerl Zone (vedi sopra un manifesto dell'epoca e la foto del suo promotore) nel 1935,  col fine di ridare slancio ad una delle zone agricole più importanti ed estese del mondo.



L'utilità della mostra è quella di mostrare quanto potrebbe una progettazione, che tenesse conto della grande rete mondiale delle informazioni (non casulamente l'ultima stanza della mostra evidenzia una grande rete luminosa che fascia e riempie il vuoto del locale - vedi foto sopra), quanto potrebbero in essa le buone idee, e quanto potrebbe una lungimirante politica di opere pubbliche se anche nel nostro Paese si intraprendesse il buon principio d'una maggiore attenzione alle preesistenze, a tutto ciò che forma il paesaggio che ci è stato tramandato dai secoli, a quanto tutto ciò significhi per la nostra identità nazionale ma anche per il migliore sviluppo di una risorsa che forse per noi è la maggiore, e la più importante, quella del turismo. Una attenzione a quanto le più grandi opere compiono quando  irrompono nell'ambiente ma anche una attenzione al dettaglio che ogni cosa nuova si faccia sia appropriato e significativo, anzichè totalmente avulso, come ancora troppe volte avviene, dalla logica dell'assieme, dalla uniformità linguistica del contesto, e dalla sua valorizzazione.
Una bella ed istruttiva mostra, questa in Triennale, forse fin troppo densa di esempi e proposte per essere facilmente capita e ricordata.

Enrico Mercatali
Milano, ottobre 2012
Aggiornato 18 dicembre 2012